Lanciano: R. Carabba, 1911. — 128 p.
L' Epica o saga russa, i cui frammenti si conservano ne’ canti tradizionali, “byline” (byli, passato), differisce dalla germanica e dalla romanza, perchè queste perdettero il carattere popolare e divennero artistiche sin dal Medioevo, mentre quella resta retaggio sacro del popolo che se la trasmette di generazione in generazione, sebbene infiorata, nelle differenti epoche, da anacronismi, contradizioni e aggiunte, sempre però alitante lo spirito e la semplicità patriarcale, sempre serbatrice, nel suo materiale mobile, della parte tipica, quasi scheletro di canto eroico, che viva fra quella gente incrollabile come molti secoli fa. E il popolo canta le sue “byline” senza saper donde vennero; e del canto non fa un mestiere, ma un patrimonio. Fra i custodi, i Raskolniki, che serbarono fede alla vecchia religione, le conservano meglio nella Russia settentrionale, verso Olonec, Arkangelsk, Onega; e le portaron via dal centro primitivo di Kiev, sin dall’ invasione tatara, come tesori della patria; sicché nel mezzodì non restò traccia di quegli eroi che vi nacquero, mentre ne sorsero altri cantati nelle “ dumy.”